Martinale belongs to that deep and enduring line of Italian pianists who have absorbed a broad spectrum of the jazz tradition and stamped it with an individual personality… if he lived and recorded in the United States, he might be better known internationally as one of the leading jazz pianist.
Steven Loewy – All Music Guide
Steven Loewy – All Music Guide
…music with modern jargon, whilst the singing of each piece reveals a taste for melody, sustained by refined harmonic solutions and the rich personality of the composer.
GianCarlo Roncaglia – La Repubblica
GianCarlo Roncaglia – La Repubblica
…the tunes “contained in this CD are all originals and compete for beauty in thrilling progression…
Paolo Curtabbi – Il Giornale della Musica
Paolo Curtabbi – Il Giornale della Musica
…un pianista che non deve dimostrare più nulla.
Vincenzo Martorella – Jazzit
Vincenzo Martorella – Jazzit
Il suo ambito è la tradizione, nella quale si muove con dimestichezza ottenendo non di rado risultati superbi…e mostra anche un cospicuo ed elegante talento d’autore.
Giuseppe Piacentino – Musica Jazz
Giuseppe Piacentino – Musica Jazz
Uno swing con pochi uguali nel pur nutrito panorama italiano.
Gino Fortunato – Il Nostro Giornale
Gino Fortunato – Il Nostro Giornale
…la bellezza dei suoi temi, tutti di impronta personalissima ne fanno un lavoro compiuto e serio, di inequivocabile bellezza.
Francesco Corrieri – Ciao Jazz
Francesco Corrieri – Ciao Jazz
Martinale stimola i musicisti raggiungendo dialoghi ideali per le sue brillanti soluzioni compositive.
Gianmichele Taormina – Jazzit
Gianmichele Taormina – Jazzit
… esecutore e interprete piuttosto raffinato i cui messaggi sulla tastiera meritano il massimo credito.
Carlo Peroni – Secolo d’Italia
Carlo Peroni – Secolo d’Italia
Che piacevole sorpresa. Dopo aver ascoltato il cd di Martinale (e prima del concerto) temevo che la sua personalità artistica non fosse forte abbastanza per affrontare un concerto dedicato ad un grande artista come Bill Evans.
Ma il concerto di Martinale con il suo trio ieri all’International Jazz Festival di Tel Aviv ha dimostrato che non si deve mai giudicare un musicista prima si vederlo suonare dal vivo.
E’ stato un grande concerto.
La cosa più importante quando lo spettacolo è un tributo a una leggenda del jazz è cosa ne prendi e cosa dai di te stesso. Martinale ha operato una scelta eccellente quando ha deciso di seguire dalle orme di Evans uno dei suoi maggiori contributi al jazz – un trio paritetico, un gruppo in cui il batterista (Franciscone) e il bassista (Risso) sono allo stesso livello del pianista.
A parte la scelta concettuale e la scelta del materiale tutti gli altri ingredienti provenivano da Martinale e dai suoi compagni eccellenti.
Martinale è stato grande,cambiando ritmi, senza spaventarsi a volte di suonare velocemente, sentimentale e sorprendendo ogni volta che si allontanava dal mondo di Evans.
Ad un certo momento ha anche suonato in modo funky, per non citare la parte in cui il batterista ha suonato su un ritmo latino. Funky? Latin? In un concerto dedicato a Evans? Perchè no.
Soltanto due momenti non mi hanno soddisfatto, entrambi da “You Must Believe In Spring”.
Ma il problema è probabilmente mio e non loro. Amo moltissimo questo album e forse qualunque interpretazione che non sia di Evans mi suona come toccare un santo.
Ben Shalev – The Land, Tel Aviv, 19 febbraio, 2006.
Ma il concerto di Martinale con il suo trio ieri all’International Jazz Festival di Tel Aviv ha dimostrato che non si deve mai giudicare un musicista prima si vederlo suonare dal vivo.
E’ stato un grande concerto.
La cosa più importante quando lo spettacolo è un tributo a una leggenda del jazz è cosa ne prendi e cosa dai di te stesso. Martinale ha operato una scelta eccellente quando ha deciso di seguire dalle orme di Evans uno dei suoi maggiori contributi al jazz – un trio paritetico, un gruppo in cui il batterista (Franciscone) e il bassista (Risso) sono allo stesso livello del pianista.
A parte la scelta concettuale e la scelta del materiale tutti gli altri ingredienti provenivano da Martinale e dai suoi compagni eccellenti.
Martinale è stato grande,cambiando ritmi, senza spaventarsi a volte di suonare velocemente, sentimentale e sorprendendo ogni volta che si allontanava dal mondo di Evans.
Ad un certo momento ha anche suonato in modo funky, per non citare la parte in cui il batterista ha suonato su un ritmo latino. Funky? Latin? In un concerto dedicato a Evans? Perchè no.
Soltanto due momenti non mi hanno soddisfatto, entrambi da “You Must Believe In Spring”.
Ma il problema è probabilmente mio e non loro. Amo moltissimo questo album e forse qualunque interpretazione che non sia di Evans mi suona come toccare un santo.
Ben Shalev – The Land, Tel Aviv, 19 febbraio, 2006.
Luigi Martinale è un giovane pianista che già si è saputo distinguere con lavori di ricco spessore e presenta il suo ultimo CD “Sweet Marta”, prima esperienza in trio. Ad interpretare brano per brano lo spirito che il piano di Martinale ha voluto infondere in Sweet Marta ci sono Paolo Franciscone alla batteria e Drew Gress al contrabbasso, che vanta collaborazioni eccellenti tra gli altri con Dave Douglas e Joe Lovano.
Sweet Marta è un lavoro con una sonorità compatta, equilibrata, che, nell’armonia che lega gli undici brani dell’album, chiaramente evidenzia una precisa scelta stilistica. Sarebbe praticamente inutile riconoscere uno a uno i “debiti” di Martinale nei confronti dei “maestri” del trio pianistico da Bud Powell a Keith Jarrett, perché Sweet Marta, piuttosto che indicare un singolo ispiratore, rende omaggio alla tradizione di questa formazione jazz esprimendone in pieno la classicità.
Tuttavia, Martinale riesce esemplarmente a sintetizzare la grande tradizione del trio pianistico con un senso della melodia tipicamente italiano; non ne è prova solamente la riesumazione de Il primo pensiero d’amore di Cherubini, ma l’intero album gioca con melodie di nostalgica leggerezza.
Articolo preso da Padova Cultura
Sweet Marta è un lavoro con una sonorità compatta, equilibrata, che, nell’armonia che lega gli undici brani dell’album, chiaramente evidenzia una precisa scelta stilistica. Sarebbe praticamente inutile riconoscere uno a uno i “debiti” di Martinale nei confronti dei “maestri” del trio pianistico da Bud Powell a Keith Jarrett, perché Sweet Marta, piuttosto che indicare un singolo ispiratore, rende omaggio alla tradizione di questa formazione jazz esprimendone in pieno la classicità.
Tuttavia, Martinale riesce esemplarmente a sintetizzare la grande tradizione del trio pianistico con un senso della melodia tipicamente italiano; non ne è prova solamente la riesumazione de Il primo pensiero d’amore di Cherubini, ma l’intero album gioca con melodie di nostalgica leggerezza.
Articolo preso da Padova Cultura